Il crematorio per animali apre la possibilità di averlo anche noi umani?

Sabina Radicale saluta e plaude alla recente apertura di un impianto privato di cremazione per animali.

E’ una notizia che dà sollievo a tanti cittadini, rendendo dignità a rapporti di affetto; il tutto all’interno di ambienti accoglienti e procedure chiare e sicure.

Come soggetto politico che unico dal 2010 si esprime pubblicamente richiedendo strutture per la cremazione, accogliamo soprattutto con viva soddisfazione il fatto che nessuna voce si sia levata contro questo impianto.

Impianto che, come si legge, è “al passo con le più severe normative antinquinamento” come certo lo sarebbero stati o lo sarebbero gli impianti di Pozzaglia, Toffia, Montasola, Borgo Velino, contro cui si è assistito ad una mobilitazione di comitati ed ad un silenzio, quando non ostilità, della politica.

Il fatto che a Rieti e Cittaducale non si siano levate voci contrarie ci dà l’occasione per tornare a chiedere al Sindaco Sinibaldi in merito agli intendimenti della amministrazione che presiede.

Lo facciamo perché, come facemmo notare durante la campagna elettorale, il tema era presente nel documento ufficiale “Linee programmatiche per le azioni di mandato” di Cicchetti, e quindi condiviso dal vicesindaco Sinibaldi, che però non lo ha ripreso, magari per distrazione, da Sindaco. La campagna elettorale è un momento in cui molti temi vengono posti, ma purtroppo spesso manca la possibilità di rivolgere domande direttamente, e la possibilità o attenzione per rispondere.

Torniamo quindi a porre il tema alla amministrazione, la quale potrà utilmente tener conto del favore di molti e della non ostilità di altri con cui la pregevole iniziativa è stata accolta.

Perché A Rieti FDI pigliatutto? E perché la Lega qui non si lamenta?

La assegnazione di due consiglieri regionali entrambi a FDI sembra a Rieti essere passata liscia. Ma cosa è avvenuto perché FDI (32%) abbia avuto 2 consiglieri e la Lega (24%) nessuno? E perché “passata liscia”?

Quello che è avvenuto è quanto già avvenne cinque anni fa, alla prima applicazione della modifica alla legge elettorale che sostituiva il listino con un premio di maggioranza.
Allora il PD incassò 9 consiglieri su 10 del premio di maggioranza, sottraendoli ai partiti minori; oggi lo stesso ha fatto FDI ai danni di Lega, Forza Italia e Lista Civica.

Allora con Rocco Berardo, primo dei non eletti della lista +Europa, presentammo un ricorso al TAR[1] sulla interpretazione della legge, che ha palesi aspetti di incostituzionalità  perché sacrifica il criterio di rappresentatività del premio di maggioranza ad un meccanismo di rappresentanza territoriale che poteva essere esercitato diversamente.

Ma al TAR documentammo anche che (virgolettato dalla memoria allora presentata) “con 1418 voti in più dati alla lista PD di Latina, la lista del PD avrebbe avuto la distribuzione di un seggio del premio a Latina, e complessivamente avrebbe avuto un seggio in meno nella distribuzione del premio regionale. Con 1418 voti in più sarebbe passato da 9 seggi su 10 a 8 seggi su 10.”

Chiedemmo al TAR l’annullamento ed in subordine di sollevare la questione di legittimità costituzionale, ma TAR e Consiglio di Stato non lo fecero; e come si sa, solo un giudice può adire alla Corte Costituzionale, non un cittadino.

La stessa cosa è avvenuta quest’anno e si legge che a Viterbo la Lega preannuncia un ricorso al TAR[2] per lo stravolgimento dell’assegnazione del premio alle liste di Lega, Forza Italia e Lista Civica (ovviamente non è vero che necessariamente “questo toglierebbe alla provincia per dare alla metropoli”). Speriamo che questa volta il TAR ravveda possibili aspetti di incostituzionalità e rinvii alla Corte.

Vi chiederete come mai invece a Rieti la cosa sia “passata liscia”, non venga sollevata; la risposta crediamo sia nel fatto che il sindaco Calisse, dopo aver fatto credere che sarebbe stato Consigliere (cosa impossibile) e dopo aver fatto credere che (in subordine! – benché carica più rilevante) sarebbe stato Assessore, adesso speri in qualcosa, che però gli deve essere concesso dal partito dominante, FDI.

Nel frattempo che questi giochi e ricorsi fanno il loro corso, sarebbe bene che le forze politiche ed i territori prendano coscienza che questa legge va cambiata. Potrà essere cambiata con dei correttivi, ma noi radicali continuiamo a proporre la nostra proposta a carattere largamente uninominale che, dividendo il territorio regionale in 32 collegi, non solo eviterebbe storture nel meccanismo elettorale ma gioverebbe grandemente al rapporto tra territori ed al rapporto tra cittadini ed eletto, che proprio con voti come quello massiccio su Calisse, l’elettorato sembra invocare.

Marco Giordani
segretario Sabina Radicale
membro Comitato Nazionale Radicali Italiani


[1] https://www.radioradicale.it/scheda/543558/intervista-a-rocco-berardo-sul-ricorso-al-tar-per-il-seggio-mancante-nella-regione?qt-blocco_interventi=1/iframe

[2] https://www.latuaetruria.it/news/19-in-citta/6204-seggi-regione-lazio-un-ricorso-della-lega-prova-a-mettere-in-dubbio-anche-quello-di-valentina-paterna

Il consigliere regionale reatino: meglio sia uno contro 37 o uno tra i 38?

I Radicali Italiani si candidano al Consiglio Regionale a sostegno di Alessio D’Amato nella lista Più Europa – Radicali Italiani – Volt. Lo facciamo però non da portatori d’acqua ma con valore aggiunto: qui evidenziamo un tema che non è presente nel programma D’Amato (così come in quello dei concorrenti) ma che è in ciò che abbiamo già proposto e su cui vogliamo continuare a lottare.
Il tema è quello della legge elettorale, tema che fortemente impatta Rieti: non è uno dei suoi problemi, ma è qualcosa che impedisce di combatterli.

Rieti sconta molte difficoltà e disattenzioni nel suo rapporto con la Regione Lazio; basta citare competenze regionali come la Sanità o i Trasporti o il Turismo o la gestione delle Acque.
La nostra convinzione è tuttavia che esse non dipendano tanto da un Assessore o un altro, ma siano insite nel rapporto squilibrato tra Roma e province, e in particolare tra Roma (4,5 milioni abitanti) e Rieti (150mila)

In attesa di una ripresa di discussione a livello nazionale su una riorganizzazione territoriale (tema che era vivo a livello nazionale qualche anno fa), la legge elettorale del Consiglio Regionale contribuisce per gran parte a questo squilibrio.

Mesi fa, nel corso della campagna elettorale comunale, come Radicali Italiani presentammo proprio a Rieti la proposta di legge uninominale del nostro consigliere regionale Alessandro Capriccioli, proposta che divide il territorio regionale in 32 collegi (di cui uno a Rieti), ogni collegio dei quali eleggerebbe un suo rappresentante.

Non ricevemmo commenti da nessuna forza politica, e neppure dopo le elezioni avemmo riscontro a nostre ripetute offerte di poterla illustrare a Sindaco di Rieti e Presidente della Provincia.

Questa legge porterebbe innanzitutto Rieti ad avere un proprio rappresentante scelto dai cittadini anziché un rappresentante della coalizione vincente in Regione. Questo già darebbe al consigliere eletto maggiore autonomia ed autorevolezza, tuttavia non è questo che gioverebbe ad un riequilibrio territoriale.

C’è però un ancora più sostanziale aspetto che, nella legge da noi proposta, offrirebbe questo riequilibrio: oggi, i 37 consiglieri romani (su 49 totali) sono eletti tutti nel territorio di Roma e provincia, a colpi di decine di migliaia di preferenze. Essi tutti insieme si concentrano sugli interessi del loro collegio elettorale, che è lo stesso enorme per tutti e 37, e che quindi giocoforza è l’unico ad essere nei loro pensieri.

Se invece si adottasse la nostra legge elettorale a collegi, i consiglieri da Roma e provincia continuerebbero ad essere tanti, ma ognuno di essi sarebbe a rappresentare e curare interessi di un proprio limitato collegio, tanto quanto l’eletto di Rieti farebbe per la nostra provincia: nelle discussioni in aula, il nostro – rapportandosi con i colleghi romani – sarebbe insomma 1 fra 38 che valgono quanto lui e non 1 a fronte di 37.

Nella prossima consiliatura continueremo a batterci su questo, rieleggendo a Roma (ma anche con il voto alla lista nelle province) Alessandro Capriccioli.

I due candidati della lista reatina di +Europa-Radicali Italiani-Volt

Espressione del territorio reatino e sabino sono i due candidati della lista +Europa-Radicali Italiani-Volt, costituitasi per le elezioni regionali e presente nella coalizione a supporto del candidato presidente Alessio D’Amato. Di Rieti e segretario di Sabina Radicale è Marco Giordani. Da sempre attivista radicale è Valentina Cosimati, residente a Mentana.

Marco Giordani, 65 anni, reatino da oltre 30, informatico, è stato impegnato in diverse iniziative civiche e politiche a Rieti: nel 2005 ha svolto il coordinamento provinciale della campagna referendaria sulla procreazione medicalmente assistita. Dal 2008 iscritto alla Associazione Luca Coscioni, è stato nel 2009 tra i fondatori di Sabina Radicale, associazione aderente a Radicali Italiani, di cui da tre anni è membro del Comitato Nazionale. In città, ha svolto il ruolo di tesoriere e presidente di Rieti Virtuosa ed è stato promotore nel 2017 della iniziativa per Paolo Fosso sindaco, dalla quale è sorta NOME Officina Politica.

Valentina Cosimati è candidata della lista +Europa-Radicali Italiani-Volt nel collegio reatino e in quello di Roma e provincia. Ha partecipato alle elezioni comunali di Mentana, a Rieti con NOME Officina Politica e alle politiche in Abruzzo con +Europa. Esperta di nuove pedagogie, multiculturalismo e divulgazione, autrice. Laureata con lode in Lettere, ha svolto lavoro giornalistico per anni, è stata la prima italiana assunta dalla Corte Penale Internazionale. McLuhan junior fellow, attualmente presidente della associazione La Giraffa Impertinente

www.piueuropa.eu
www.radicali.it
www.voltitalia.it

Analisi dei dati ASL su Interruzione Volontaria di Gravidanza a Rieti.

di Marco Giordani

Negli ultimi anni in molti, primi tra tutti Radicali Italiani con la campagna “Libera di Abortire”, hanno alzato un allarme sulle restrizioni all’accesso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza. La procedura legale di aborto, definita dalla legge 194 del 1978, non è stata mai senza ostacoli, viste le percentuali di obiezioni di coscienza tra gli operatori, ma ha visto recentemente una ulteriore stretta nelle regioni governate dalla destra. L’ultima notizia di questi giorni è la revoca da parte della Regione Marche della convenzione con l’associazione AIED di Ascoli che da sola effettuava una IVG ogni sei dell’intera regione.

La provincia di Rieti si trova ad essere oggi circondata da tre regioni (Umbria, Marche, Abruzzo) in cui in vari modi si è evidenziata questa stretta.

Il tema è di interesse innanzitutto come monito affinché non si corra, con le prossime elezioni regionali, questo rischio anche nella Regione Lazio, ma anche perché gran parte delle reatine utenti del servizio si rivolgono proprio a quelle regioni: questo leggiamo dai dati che la ASL di Rieti ha infatti fornito a Sabina Radicale che ne ha fatto richiesta[1] e che riguardano gli anni dal 2018 al 2021.

Da essi ricaviamo innanzitutto come l’accesso delle reatine a questo servizio (214 nel 2018 e 2019) sia diminuito nel 2020, primo anno del Covid, molto più che nel resto del Paese: i dati del Ministero relativi alla IVG[2] si fermano al 2020, ma mostrano che rispetto al 2019 c’è stata una diminuzione del 9% in Italia e del 4% nel Lazio. Nello stesso periodo le reatine che hanno ricorso ad IVG sono state 178, il 17% in meno. I dati ASL del 2021 ci indicano poi una ulteriore calo del 19% rispetto al 2020.

Pur nel notevole calo del ricorso delle reatine ad IVG, quella che rimane costante negli anni è però l’emigrazione: in tutti i quattro anni osservati, oltre il 40% si rivolge fuori provincia, con il 21% che nel 2018 e 2019 andava fuori regione (con un calo al 17% e 10% negli anni del Covid, compensato da un aumento su Roma).

Questo dato di emigrazione extra regionale per IVG può essere confrontato con quello dei generali ricoveri sanitari fuori regione che vede Rieti secondo ISTAT[3] passare nel 2020 dal 33% al 20%. Quella generale è una diminuzione che ha senz’altro una delle sue ragioni nelle restrizioni Covid e che ritroviamo nei dati assoluti IVG in cui nel 2020 si passa da 45 a 30 IVG. Costante rimane invece l’emigrazione verso Roma mentre cala notevolmente (specie nel 2021) il ricorso alla ASL di Rieti.


L’emigrazione extra regionale di Rieti avviene soprattutto verso Terni, Narni, Avezzano e L’Aquila. Questo mentre dai dati del Ministero relativi al 2020 si riscontra che mentre Lazio e Marche registravano mobilità attiva, proprio Umbria ed Abruzzo vedevano un saldo negativo (più proprie cittadine andare in altre regioni che cittadine venire da altre regioni); dal che si potrebbe leggere come più che essere attrattive Umbria ed Abruzzo, fosse la ASL reatina ad essere respingente.

Per tutta la mobilità sanitaria extra regionale, per la provincia di Rieti incide molto il suo essere incuneata tra altre regioni; questo però dovrebbe comportare anche una migrazione opposta, mentre invece la ASL di Rieti, che fa muovere verso altre regioni il 20% delle utenti, non arriva al 2% come tasso di interventi per residenti extra regione, valore che a livello regionale e nazionale (cioè su ASL meno incuneate tra altre regioni) è al 4,2% e 4,7%.

Per valutare quanto a Rieti la struttura supporti la richiesta di servizio IVG, può essere utile anche il Tasso di Abortività, calcolato come rapporto (x 1000) delle IVG rispetto alla popolazione femminile da 15 a 49 anni.

Da questi dati Rieti risultava avere, prima del Covid, un tasso notevolmente superiore agli altri territori per quanto riguarda le IVG delle proprie cittadine, mentre è notevolmente inferiore se si considerano le IVG effettuate dalla ASL. Saranno dati da osservare e vigilare nei prossimi anni, ed intanto interrogarsi se questo alto tasso per quanto riguarda l’accesso ad IVG possa dipendere da minore prevenzione ed informazione.

Infine, riportiamo il dato dell’obiezione, che per quanto riguarda i ginecologi a Rieti è dell’89% (8 su 9) mentre si attestava (nel 2020) al 68% nel Lazio, al 70% in Umbria e Marche, al 84% in Abruzzo. Occorrerebbe conoscere come il servizio viene offerto per capire quanto questa situazione, pur gestita da ASL Rieti con “collaborazione di un ginecologo non obiettore a gettone per garantire la completa applicazione della legge 194/1978 in tutti i casi in cui richiesta”, incida sulle evidenze che qui abbiamo riportato.


[1] ASL RI, prot. 58646 e 83453 – riscontro ed integrazione ad istanza di accesso civico generalizzato ex art.5 comma 2 Dlgs 33/2013

[2] https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?id=3236

[3] https://www.asl.rieti.it/notizie-1/dettaglio-notizia/rilevamento-istat-su-migrazione-sanitaria-il-reatino-la-provincia-piu-virtuosa

Raccomandazione “Garanzia di strumenti di partecipazione in tutti i territori”. accolta dal 21° Congresso di Radicali Italiani

Primo firmatario: Marco Giordani
Raccomandazione “Garanzia di strumenti di partecipazione in tutti i territori”

Il 21° Congresso di Radicali Italiani,
• Ritenendo ineludibile per la democrazia italiana il recupero di una partecipazione attiva dei cittadini,
• Considerata la nuova disponibilità della piattaforma nazionale www.firmereferendum.gov.it per referendum e proposte di legge di iniziativa popolare,
• Considerato che diverse maggiori città hanno introdotto forme di partecipazione avanzata e digitale, ma che la gran parte della cittadinanza, fuori delle maggiori città, ne è ancora priva, spesso anche della possibilità di indire referendum,

raccomanda a Radicali Italiani nell’anno radicale entrante di:
• Continuare a dare seguito alla mozione particolare Birardi approvata dal 20° Congresso (RIFORMA STRUMENTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA NEI TERRITORI)
• Coinvolgere le associazioni e gli iscritti, nonché altri soggetti politici, ad una ricognizione nazionale dell’effettivo stato degli strumenti civici di partecipazione e conoscenza (ad esempio: pubblicità in rete delle sedute, conquistata in pandemia ma poi non mantenuta)
• Predisporre e farsi promotori di una legge quadro nazionale che superi la indisponibilità locale di strumenti di partecipazione spesso previsti solo a Statuto
• Raccogliere su questa proposta, di concerto con associazioni civiche in tutto il territorio nazionale, firme tramite www.firmereferendum.gov.it
• Avanzare la proposta di disponibilità della stessa piattaforma per iniziative civiche su enti locali.

Alle regionali una candidatura di coalizione, non di partito.

Lettera aperta al PD

Ormai pare certo che ad inizio Febbraio si voterà per il governo e per il Consiglio della Regione Lazio. Sulle pagine nazionali dei giornali impazzano le ipotesi sulla coalizione “non di destra” e sui possibili candidati Presidente.

Ma quale sarà il ruolo di Rieti e della sua provincia, in queste elezioni? Rieti rappresenta meno del 3% dei voti che vengono espressi per decidere il Presidente regionale. Se di certo il voto di ognuno di noi varrà tanto quanto quello di qualsiasi altro laziale, tuttavia a livello di comunità provinciale il nostro peso è irrisorio.

Per questo, se un ragionamento va fatto, deve essere sul consigliere che sarà chiamato a rappresentarci in Consiglio Regionale.

Come radicali sabini pensiamo che questo ragionamento vada fatto in un’ottica “di coalizione”, ed è questa la proposta che rivolgiamo al Partito Democratico.

La motivazione di questa proposta sta nel meccanismo elettorale[1] che prevede 40 consiglieri eletti proporzionalmente e 10 per premio di maggioranza. Innanzitutto va ricordato che, a causa della dimensione di Rieti, nessun candidato reatino verrà eletto tra i 40: il voto dei reatini ad una delle liste concorrerà semplicemente ad eleggere consiglieri regionali di quella lista, ma che verranno da altre province. E’ così dal 2013, anche se spesso i candidati tendono a nasconderlo o a far credere il contrario.

Il nostro futuro consigliere è invece scelto come rappresentante del Presidente vincente. In che modo?

In passato esisteva un “listino del Presidente”, rappresentativo delle varie province e concordato dalla coalizione, che risultò però indigesto perché composto da soli “nominati” e fu perciò eliminato.

Il listino fu sostituito da un premio di maggioranza di 10 consiglieri, da ripartire proporzionalmente tra i partiti vincenti; solo che anche questa ripartizione non avrebbe dato alcun eletto a Rieti; così fu ideato un meccanismo “Salva Rieti”[2] che, deformando la ripartizione proporzionale, garantisce uno dei 10 consiglieri ad ogni provincia: dove dovesse mancare, sarà scelto il candidato del principale partito (a livello locale) dello schieramento vincente a livello regionale.

Facciamo un esempio: se Fratelli D’Italia risultasse il primo partito in provincia ma il Presidente Regionale eletto fosse quello dello schieramento di sinistra, verrebbe chiamato in Consiglio un candidato della lista più votata della coalizione di sinistra (cioè finora, e con ogni probabilità ancora oggi, il Partito Democratico).[3]

Ciò comporta come chiara conseguenza che il consigliere continua a essere un mero “nominato”, ma non più dalla coalizione bensì da un unico partito.

Per questo motivo noi radicali, che parteciperemo convintamente alla coalizione di sinistra, chiediamo che l’eletto in Consiglio venga visto e considerato per quello che è, come un rappresentante della coalizione.

Ciò tanto più che l’assegnazione del seggio al candidato PD (o FDI) avviene a scapito di altre liste, per via del già menzionato meccanismo “Salva Rieti” che sottrae ad esse il seggio che secondo la quota proporzionale sarebbe spettata loro.

Proponiamo perciò al PD provinciale di non chiudersi nelle sue stanze (per di più attraversate dai venti precongressuali) per decidere il candidato della sua lista, ma di individuare insieme agli alleati due figure che possano rappresentare davvero la coalizione provinciale nel corso della nuova consiliatura regionale.

(Diciamo “il candidato” e “due figure” perché finora, ed anche oggi sulla stampa, si è sempre considerato l’uomo come il vero candidato e la donna come solo di supporto).

In coerenza con il presentarsi del PD come una lista “non solo di partito” sia alle recenti elezioni comunali sia alle politiche (in quest’ultimo caso, infatti, la lista “Italia democratica e progressista” aveva sì il simbolo del PD in evidenza, ma a seguito di accordi politici con diversi altri soggetti, come Art.1, Demos, PSI, Radicali Italiani, Volt) la nostra proposta è un’offerta di assunzione di responsabilità da parte del PD stesso, come forza non egemone o prevaricatrice degli alleati ma inclusiva, e che si faccia carico del ruolo che ha sempre svolto e che gli è riconosciuto.


[1] Come, perché e quando si è arrivati a questa legge elettorale: https://sabinaradicale.it/2022/05/23/lattuale-legge-elettorale-regionale-storia-e-difetti/

[2] Così definito nelle sedute del Consiglio Regionale che approvò la legge elettorale nell’ottobre 2017

[3] Anche nel 2018, con il PD al proprio minimo e una candidatura molto spinta come candidato “civico” del ex sindaco Petrangeli, i voti del PD furono oltre il doppio (20,95% contro 8,90%)

Sulla proposta di legge elettorale regionale

Intervista al Corriere di Rieti

Prima delle elezioni come Più Europa – Radicali avete presentato una nuova legge elettorale regionale. Cosa cambierebbe per Rieti?

Rieti da due legislature ha un solo consigliere, ma non scelto dai cittadini; nel 2013 era in un listino bloccato, dal 2018 va alla Pisana un esponente di un partito della coalizione vincente nel Lazio, anche se i sabini avessero votato compatti dall’altra parte.

E con questa proposta?

Il territorio regionale viene diviso in 32 collegi uninominali, e la provincia di Rieti ne avrà garantito uno (nonostante sia più piccola degli altri collegi).

Senza i partiti?

Ci saranno partiti e coalizioni e possibilità di disgiungere il voto tra partito e candidato del collegio. Tramite i partiti, verranno eletti 18 consiglieri con metodo proporzionale; con meccanismi però che garantiscono governabilità al Presidente ed una rappresentanza adeguata alle minoranze.

Perché questa legge?

Quella attuale ha gravi problemi. A parte Rieti, possono accadere situazioni paradossali: se 4 anni fa 1639 elettori di Latina invece di restare a casa avessero deciso di andare e votare PD, sarebbe successo che il PD avrebbe avuto in Consiglio Regionale un consigliere in meno! Poi c’è una questione di legittimazione del Presidente: Zingaretti per esempio è stato eletto la prima volta con il 40% dei voti, e riconfermato da meno di un elettore su tre.

Cosa succederebbe per il presidente?

Anche qui una novità: si prevede un ballottaggio; senza apparentamenti però. Lo stesso avverrebbe per i collegi uninominali.

E’ una proposta che ha possibilità di essere accolta?

Le resistenze saranno molte, specie dai “signori delle preferenze” romani che dovrebbero riconvertirsi a presentarsi all’intero elettorato. Ma siamo confidenti, per i gravi problemi di cui dicevo.

Chi può aiutare?

I partiti minori, cannibalizzati dalla legge attuale; ma soprattutto i territori. Questo è il motivo per cui qui l’abbiamo presentata e abbiamo intenzione di tornarci coinvolgendo tutte le istituzioni locali.

Davvero il referendum giustizia è stato un flop?

Un’analisi sulla base del voto dei cittadini a Rieti e Parma.

I referendum sulla giustizia, indetti dalla Lega tramite le Regioni lo scorso 12 giugno, sono rimasti lontanissimi dal quorum. Tale esito è stato riportato su tutti i media nazionali come un flop. Ci sono naturalmente molti motivi – di equilibri politici, di informazione, di tecnicità – per cui il quorum non è stato ottenuto, ed ognuno dà un diverso peso a questi fattori. Peraltro, è travisante disquisire di un quorum al 50% di elettori (compresi i 5 milioni di concittadini all’estero), quando per votare il Sindaco a Roma va (al primo turno!) il 48% degli elettori ed a Genova il 44%.

Bisogna però tenere conto che questi referendum non avevano un valore in sé, per le singole norme e come le si intendeva modificare, ma per il segnale politico che dall’elettorato doveva venire su diversi temi caldi della giustizia: l’invadenza della magistratura sulla politica, l’abuso del carcere preventivo, la terzietà del giudice tra accusa e difesa, come valutare i magistrati, l’occupazione del Consiglio Superiore della Magistratura da parte delle correnti.

E allora, se risulta difficile interpretare il sentimento dell’elettorato partendo dal 21% nazionale dei votanti, può tuttavia risultare possibile guardando come hanno votato i cittadini (circa 9 milioni)  che erano chiamati ai seggi anche per le amministrative (prima vota che ciò accade, a parte quello confermativo sul taglio dei parlamentari).

Ho scelto di analizzare i dati di Rieti, piccola città di destra, e di Parma, media città di tradizione PCI-PD e primo capoluogo governato dal M5S – insomma i partiti più avversi a questi referendum.

A Rieti, città di destra, i Sì ai quesiti referendari sono stati preponderanti, pur in una percentuale che mostra la divisività dei temi (e dunque anche l’opportunità di sottoporli a referendum).

Nel dettaglio, tutti i quesiti hanno superato il 50% dei Sì (dal 52% al 71%) dei voti validi. Non solo: fatta eccezione per l’abolizione del decreto Severino e per la limitazione agli abusi della custodia cautelare, che erano avversati anche da FDI, negli altri tre casi i Sì hanno superato la somma di schede No, nulle, bianche e pareggiato il totale dei “contrari” se si mette in conto, fra di loro, anche quel 15% di elettori che non ha ritirato le schede.

Figura 1 Referendum Giustizia 2022 – Rieti

A Parma, città di “sinistra”, i valori dei Sì sono inferiori a quelli di Rieti: i due quesiti su cui PD e M5S convergono con FDI rimangono tra il 42 ed il 45%; gli altri tre tra il 62 ed il 65%.

Di due punti superiore rispetto a Rieti è la percentuale (16%) di chi ha scelto di non prendere le schede, incidendo sul raggiungimento del quorum. Significativa anche la percentuale di chi, ritrovatosi con la scheda in mano, non sapendo cosa farne l’ha annullata o lasciata bianca. Questi cittadini, che si sono esplicitamente dichiarati non informati o non interessati al tema a Rieti sono tra il 12% della Severino e il 15% della valutazione magistrati; a Parma, la rinuncia ad esprimersi è di un 4% inferiore.

Figura 2 Referendum Giustizia 2022 – Parma

Questi numeri mostrano come gli elettori che erano alle urne per votare i Sindaci, una volta lì e interrogati sui quesiti referendari abbiano espresso la propria opinione in maniera niente affatto scontata e, anzi, con una correlazione con le loro tendenze politiche. Se dunque la classe politica guardava a questi referendum per ricevere un segnale, esso c’è e proviene da un campione di oltre cinque milioni di cittadini – tanti sono andati alle urne – che è enormemente superiore ai campioni che, tramite i sondaggi, dirigono invece le “strategie” dei partiti.

Crematorio a Rieti: un proposito dimenticato da sindaco e vicesindaco?

Da mesi è sorto in Sabina un dibattito sull’iniziativa dell’amministrazione di Montasola per la costruzione di un crematorio.

Un dibattito che in provincia non è una novità: accadde a Pozzaglia nel 2010 e a Borgo Velino lo scorso anno.  A Pozzaglia si desisté per le proteste di parte dell’opposizione (peraltro spalleggiata da Fabio Melilli, allora Presidente di Provincia). A Borgo Velino l’iter è in corso e l’amministrazione che lo aveva promosso è stata confermata alle elezioni. Vedremo se a Montasola si arriverà a concretizzare il progetto.

Chi protesta adduce timori di inquinamento; le amministrazioni smentiscono questi timori e portano dalla propria il vantaggio economico che l’impianto porterebbe nelle casse comunali. C’è poi chi aggiunge timori più vari, dal pericolo per gli ulivi al ritorno sfavorevole per la propria vocazione turistica, sempre prossima a concretizzarsi – ignorando per inciso che in Svizzera la cremazione riguarda la pressoché totalità delle scelte.

Sempre è mancata però in questo dibattito “LA” argomentazione, che è quella del diritto dei cittadini alla possibilità di cremazione. La cremazione è una pratica in continua costante impetuosa crescita, che in Italia nel 2020 riguardava un terzo delle scelte. Malgrado ciò, non esiste nessuna struttura in questa provincia o nelle città più vicine, L’Aquila e Terni; non considerando Roma per la quale si legge di lunghe liste di attesa, i reatini debbono rivolgersi agli impianti di Perugia, Ascoli, San Benedetto o Viterbo. Anche l’Abruzzo ne è attualmente privo, sebbene si legga di progetti a Città Sant’Angelo e ad Avezzano.

Tra le voci di protesta è utile però evidenziare quella di Legambiente Bassa Sabina che, pur dichiarando “questi impianti assolutamente necessari” pone la questione del perché proprio lì.

Questa sì è una obiezione appropriata: essendo questa una esigenza quanto meno provinciale, la cosa più normale sarebbe che il tema sia almeno presente al Comune Capoluogo; il quale poi, a nostro avviso, se ne dovrebbe far carico se le iniziative private nei comuni minori non avessero seguito. Questo è esattamente quello che come NOME Officina Politica abbiamo messo nero su bianco nel programma della lista.

Come stanno invece le cose? Seguiamo e cerchiamo di stimolare la questione, come Sabina Radicale, da anni. Cinque anni fa notammo con piacere che il tema era stato considerato da Cicchetti nel suo programma elettorale, poi trasfuso nel documento ufficiale “linee programmatiche per le azioni di mandato”. Esso conteneva un’apertura e soprattutto un riconoscimento dell’esigenza: “è da valutare la possibilità e l’eventuale conseguente collocazione di un crematorio, considerata la richiesta di tale servizio”. Promettendo ampliamenti per tumulazioni, Cicchetti parlava di “penosa migrazione delle salme”; che quindi crediamo si applichi anche a viaggi di centinaia di chilometri.

Oggi non troviamo questo tema esplicitato in nessuno dei programmi dei candidati sindaco. Normale per il nostro candidato Carlo Ubertini il cui programma delinea un quadro generale e non vuole avere la minuzia di chi invece, da Sindaco uscito o Vicesindaco uscente, dovrebbe dar conto nel proprio programma di quanto non è riuscito ad implementare nel proprio mandato (peraltro, accade il contrario: Sinibaldi ha nel programma amministrativo futuro gli interventi cimiteriali già appaltati o in corso…).

Il fatto che il proposito di valutazione (nemmeno quindi un impegno di realizzazione) sia scomparso dai programmi del Vicesindaco che si candida a Sindaco, cosa significa? Significa che la valutazione è stata fatta? Non crediamo, visto che non ne è stata data comunicazione alla città. O non c’è più la richiesta? In tal caso, eccoci che la rinnoviamo.

Fabio Andreola
Marco Giordani
Marco Orlandi
Gianfranco Paris