TSO, carcere e migranti.

Leggiamo che Chicco Costini auspica che ai migranti con problemi psichiatrici non si applichi il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) ma il carcere.

Costini, che fa il medico in carcere, mesi fa criticò che Sabina Radicale avesse riportato le perplessità dell’amministrazione penitenziaria sui troppi TSO disposti nei confronti di detenuti.

Oggi, criticando Cicchetti, Tribunale e Prefettura (questi ultimi che però non c’entrano con i TSO, e tacendo dei colleghi medici che lo propongono al Sindaco), Costini auspica che i migranti a cui vengono diagnosticati chiari segni di squilibrio mentale vengano arrestati anziché sottoporli a TSO.

Ci dovrebbe spiegare se poi, una volta in carcere, li cureranno medici generici, agenti penitenziari, o camerati detenuti. O disporremmo un TSO ma dal carcere? Noi crediamo che le persone con problemi psichiatrici debbano essere curate e nel contempo la comunità debba essere tutelata dalla loro pericolosità.

E’ esattamente quello che ci impone la Costituzione, articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Né la Costituzione né il giuramento di Ippocrate – per i medici che lo hanno pronunciato, limitano questo dovere ad una specifica etnia.

Marco Giordani
Segretario Sabina Radicale

Fare luce su chi rifornisce di droga i migranti spacciatori

Le cronache cittadine reatine (e non solo) sono ultimamente affollate di segnalazioni di arresto di migranti per spaccio.
Premettiamo che consideriamo normale che, con la normativa attuale, lo spaccio venga represso. Anche se le più alte autorità competenti ammettono che nonostante gli sforzi non solo il consumo non diminuisce ma aumenta, è giusto che, specie in mancanza di indicazioni da parte dell’esecutivo sulle priorità di reati da perseguire, le forze dell’ordine si applichino ad un “reato” così diffuso.
E’ tuttavia chiaro a tutti che quei migranti che spacciano sono l’ultima catena di questo commercio, dove hanno sostituito degli italiani – e tralasciamo il perché.
Le cronache spesso segnalano inoltre le operazioni di polizia come non casuali, ma frutto di indagini in cui gli spacciatori erano “da tempo tenuti d’occhio”.
Siamo perciò sicuri che in queste azioni di “osservazione” ed indagine, anche successive all’arresto, ci siano tutti gli elementi per risalire la catena di approvvigionamento, che – a detta della Direzione Distrettuale Antimafia – è solidamente in mano alle cosche mafiose italiane; e siamo sicuri che questo venga già fatto.
Quello che auspichiamo è che la stampa, e le forze dell’ordine se oggi non lo fanno, riporti anche i successi delle operazioni di polizia che risalgono la catena criminale.
Questo sia per dar conto della efficacia reale di queste operazioni (visto che se ci si fermasse all’ultimo anello, di disperati disposti allo spaccio se ne troveranno sempre) sia per non permettere che le attività di polizia sul problema droga vengano strumentalizzate per propaganda politica sul tema migranti.
Marco Giordani
Segretario Sabina Radicale