La provincia è sicura PERCHE’ mercato autonomo delle droghe leggere

Sono importanti le parole del Comandante provinciale di Rieti dei Carabinieri riguardo alla recente scoperta, in provincia, di tre casi di ingenti coltivazioni di cannabis, un totale di 500 piante destinate al commercio, da parte di 45enne, 50enne, 70enne locali.

Avevamo da subito rilevato che mentre i giornali titolavano al supermarket della droga, si trattasse piuttosto di produttori a km zero, che si tengono lontani e tengono lontani i consumatori dalla Grande Distribuzione Organizzata nigeriana e dalle multinazionali italiane del narcotraffico.

Oggi il Colonnello non solo ci conferma che “non si ravvisa uno spaccio organizzato come quello che i nigeriani riescono a fare nei vicoli del centro storico di Rieti” ma parla anche di “mercato autonomo rispetto a quello della Capitale, dove attualmente trovano grande diffusione le droghe sintetiche” e ciò ovviamente significa una maggior protezione da pericolose sostanze per i consumatori di cannabis che sarà pure “droga” ma che, dice il Ministero dell’Interno, “insieme a tabacco, alcol e caffeina è una delle droghe più  consumate al mondo”.

Un fenomeno dunque che dovrebbe far dire al Comandante che “la provincia è sicura PERCHE’ un mercato autonomo delle droghe leggere” piuttosto che dire “un mercato autonomo delle droghe leggere MA la provincia è sicura”.

Un fenomeno evidentemente positivo rispetto alla sua non esistenza e che perciò, al di là della dovuta e rispettabile applicazione della legge da parte dei Carabinieri, non giustifica a nostro avviso l’ingente spiegamento di uomini e mezzi (anche elicotteri!) vantato dal Comandante.

Federica Valcauda – Direzione Nazionale Radicali Italiani
Marco Giordani – Comitato Nazionale Radicali Italiani

Visita al carcere di Rieti, ancora lontano dalla città

Sabato 12 è stata effettuata una visita al carcere di Rieti, organizzata dall’associazione Radicali Roma che sta compiendo una serie di visite negli istituti regionali dando la opportunità anche a “normali cittadini” di accedere a questo mondo facendosene un’idea diretta; Sabina Radicale ha rilanciato l’iniziativa localmente. Solo due cittadine reatine, Silena D’Angeli e Rossella Gigli hanno aderito: entrambe in “politica” ma non in amministrazione ed entrambe impegnate nel volontariato; né amministratori, né “cittadini di Facebook” hanno ritenuto di approfittare dell’iniziativa: un’occasione persa per entrambe le categorie.

La visita dell’istituto, oltre a consentire la conoscenza delle umanità presenti, di detenuti e detenenti, avrebbe permesso specie agli amministratori di confrontarsi con una realtà che, proprio come la città esterna, ha grandi potenzialità inespresse ed inascoltate, anche dalle amministrazioni locali.

In particolare tutte le amministrazioni comunali succedutesi nei decenni sono state lontane da questa parte viva della città: ricordiamo che a Rieti è istituita da quasi dieci anni la figura, a titolo gratuito, di un Garante Comunale dei Diritti dei Detenuti, che non è però mai stato nominato; attualmente l’istituto riceve la visita di collaboratori del Garante Regionale ogni due settimane. Il corpo sociale cittadino (le associazioni, gli ordini) risente certo di questa lontananza.

Nella prima visita che effettuiamo dopo pandemia e dopo le rivolte, abbiamo trovato un istituto certo più vivibile rispetto ad altri, non solo perché ufficialmente risulta non sovraffollato (ma ricordiamo che le celle ideate per due persone furono successivamente adattate e dichiarate per quattro) ma perché gran parte della giornata è vissuta in sezione, a celle aperte. Vogliamo sperare che sia questa maggior vivibilità ad aver tenuta lontano da Rieti l’ondata di suicidi arrivati, con progressione quasi giornaliera, nel momento in cui scriviamo, a 83 da inizio anno (79 tra detenuti, 4 tra agenti).

Il problema più sentito dai detenuti è ancora quello delle attività lavorative: nessuno lavora fuori, nessun lavoro è portato dentro. Spiragli si intravedono grazie all’iniziativa “Seconda Chance” della giornalista Flavia Filippi che con il suo sforzo di connettere istituti, imprenditori, amministratori, è giunta un mese fa anche a Rieti, bene accolta dalla amministrazione che però chissà perché non ne ha dato notizia alla città.

Se l’assenza di attività lavorative è particolarmente gravosa per i detenuti extracomunitari, privi di ogni possibile aiuto esterno alla sussistenza, incide per tutti pesantemente sul processo di reinserimento e su recidiva a fine pena. Questa considerazione dovrebbe muovere l’interesse di ogni governante ed amministratore, anche per chi non prendesse per buona la Costituzione su cui ha giurato (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”).

Alle regionali una candidatura di coalizione, non di partito.

Lettera aperta al PD

Ormai pare certo che ad inizio Febbraio si voterà per il governo e per il Consiglio della Regione Lazio. Sulle pagine nazionali dei giornali impazzano le ipotesi sulla coalizione “non di destra” e sui possibili candidati Presidente.

Ma quale sarà il ruolo di Rieti e della sua provincia, in queste elezioni? Rieti rappresenta meno del 3% dei voti che vengono espressi per decidere il Presidente regionale. Se di certo il voto di ognuno di noi varrà tanto quanto quello di qualsiasi altro laziale, tuttavia a livello di comunità provinciale il nostro peso è irrisorio.

Per questo, se un ragionamento va fatto, deve essere sul consigliere che sarà chiamato a rappresentarci in Consiglio Regionale.

Come radicali sabini pensiamo che questo ragionamento vada fatto in un’ottica “di coalizione”, ed è questa la proposta che rivolgiamo al Partito Democratico.

La motivazione di questa proposta sta nel meccanismo elettorale[1] che prevede 40 consiglieri eletti proporzionalmente e 10 per premio di maggioranza. Innanzitutto va ricordato che, a causa della dimensione di Rieti, nessun candidato reatino verrà eletto tra i 40: il voto dei reatini ad una delle liste concorrerà semplicemente ad eleggere consiglieri regionali di quella lista, ma che verranno da altre province. E’ così dal 2013, anche se spesso i candidati tendono a nasconderlo o a far credere il contrario.

Il nostro futuro consigliere è invece scelto come rappresentante del Presidente vincente. In che modo?

In passato esisteva un “listino del Presidente”, rappresentativo delle varie province e concordato dalla coalizione, che risultò però indigesto perché composto da soli “nominati” e fu perciò eliminato.

Il listino fu sostituito da un premio di maggioranza di 10 consiglieri, da ripartire proporzionalmente tra i partiti vincenti; solo che anche questa ripartizione non avrebbe dato alcun eletto a Rieti; così fu ideato un meccanismo “Salva Rieti”[2] che, deformando la ripartizione proporzionale, garantisce uno dei 10 consiglieri ad ogni provincia: dove dovesse mancare, sarà scelto il candidato del principale partito (a livello locale) dello schieramento vincente a livello regionale.

Facciamo un esempio: se Fratelli D’Italia risultasse il primo partito in provincia ma il Presidente Regionale eletto fosse quello dello schieramento di sinistra, verrebbe chiamato in Consiglio un candidato della lista più votata della coalizione di sinistra (cioè finora, e con ogni probabilità ancora oggi, il Partito Democratico).[3]

Ciò comporta come chiara conseguenza che il consigliere continua a essere un mero “nominato”, ma non più dalla coalizione bensì da un unico partito.

Per questo motivo noi radicali, che parteciperemo convintamente alla coalizione di sinistra, chiediamo che l’eletto in Consiglio venga visto e considerato per quello che è, come un rappresentante della coalizione.

Ciò tanto più che l’assegnazione del seggio al candidato PD (o FDI) avviene a scapito di altre liste, per via del già menzionato meccanismo “Salva Rieti” che sottrae ad esse il seggio che secondo la quota proporzionale sarebbe spettata loro.

Proponiamo perciò al PD provinciale di non chiudersi nelle sue stanze (per di più attraversate dai venti precongressuali) per decidere il candidato della sua lista, ma di individuare insieme agli alleati due figure che possano rappresentare davvero la coalizione provinciale nel corso della nuova consiliatura regionale.

(Diciamo “il candidato” e “due figure” perché finora, ed anche oggi sulla stampa, si è sempre considerato l’uomo come il vero candidato e la donna come solo di supporto).

In coerenza con il presentarsi del PD come una lista “non solo di partito” sia alle recenti elezioni comunali sia alle politiche (in quest’ultimo caso, infatti, la lista “Italia democratica e progressista” aveva sì il simbolo del PD in evidenza, ma a seguito di accordi politici con diversi altri soggetti, come Art.1, Demos, PSI, Radicali Italiani, Volt) la nostra proposta è un’offerta di assunzione di responsabilità da parte del PD stesso, come forza non egemone o prevaricatrice degli alleati ma inclusiva, e che si faccia carico del ruolo che ha sempre svolto e che gli è riconosciuto.


[1] Come, perché e quando si è arrivati a questa legge elettorale: https://sabinaradicale.it/2022/05/23/lattuale-legge-elettorale-regionale-storia-e-difetti/

[2] Così definito nelle sedute del Consiglio Regionale che approvò la legge elettorale nell’ottobre 2017

[3] Anche nel 2018, con il PD al proprio minimo e una candidatura molto spinta come candidato “civico” del ex sindaco Petrangeli, i voti del PD furono oltre il doppio (20,95% contro 8,90%)