Del rapporto amorale e perverso dell'Italia con la Libia di Gheddafi, che ultimamente più che di sudditanza, è diventato di prostituzione diplomatica, i Radicali pensano tutto il male possibile e da sempre, non da oggi.
Del rapporto amorale e perverso dell'Italia con la Libia di Gheddafi, che ultimamente più che di sudditanza, è diventato di prostituzione diplomatica, i Radicali pensano tutto il male possibile e da sempre, non da oggi.
Davvero è su questa vicenda, che al nostro governo, per la sua palese inconsistenza e incoscienza, dovrebbero essere chieste le dimissioni; e non solo per dignità, ma per convenienza: ci hanno spiegato che era necessario essere amici dello squilibrato dittatore per convenienza; se così è, allora la convenienza ci richiede, profilandosi un cambio in Libia, che essi si facciano da parte.
Ma non è solo una questione di governo: tra coloro che si debbono finalmente fare da parte è il peggior dominus della sinistra italiana: Massimo D'Alema, ben più antico sponsor del colonnello Gheddafi che lo stesso Berlusconi.
Questo sempiterno king-maker, catastrofe della sinistra, che ha rischiato di essere il berlusconiano ministro degli esteri dell'Europa, fino a due giorni fa sosteneva come "certamente Gheddafi avesse ancora un rapporto solido con una parte della società libica", auspicava "riforme democratiche" senza le quali "le tensioni non cesseranno" (perché non le auspicava prima, nei suoi colloqui in tenda?), temeva come "si potrebbe arrivare a un sovvertimento del regime" e che "ci fosse da sperare in un'evoluzione positiva": vale a dire non un sovvertimento del regime, che infatti lo stesso Statista definì "strategico"; strategicità di cui il fascinoso D'Alema convinse il suo partito, il PD, che votò a favore del Trattato di Amicizia Italo Libica; parliamo di solo due anni fa; e contro votarono Radicali, Idv ed UDC.
Oggi, una parte del PD (non certo D'Alema) vuole fare dimenticare quella scelta; e buona parte della sua base l'ha rimossa, o la ignora.
Solo recente è la svolta in chiave antiberlusconiana del PD su questo tema, che ha portato il governo ad essere battuto a Novembre su un emendamento al Trattato, presentato dal radicale Matteo Mecacci, deputato della nostra circoscrizione.
E' in questo scenario che il PD antrodocano oggi, dicendo parole sagge, chiede al Comune di Antrodoco un atto di coraggio: l'abbandono del progetto con la Libia; progetto che ha dato, di Antrodoco in Italia, un immagine pari a quella che l'Italia ha acquisito al cospetto del mondo. Apprezziamo il sentimento dei democratici antrodocani, ma troviamo pleonastica la raccomandazione di recedere: come disse la volpe dell'uva, "nondum matura est"! Non ci sarà niente da cui recedere: sarà la Libia che avrà altro cui pensare.
E recedere sarebbe un atto di coraggio? Un atto di coraggio sarebbe continuare a supportare lo stimato amico. Piuttosto si offra un atto di dolore e contrizione: il Comune chieda scusa ai suoi cittadini, che proprio l'Unità descrisse come"fieri, orgogliosi, non gente con il cappello in mano".
Ed il PD, da Antrodoco a Roma, lui che l'ha votato, oltre a chiedere il conto a D'Alema, si unisca alla richiesta di sospensione unilaterale del Trattato di Amicizia: quel trattato "che, tra l'altro" ha ricordato Emma Bonino, "sancendo il principio di non interferenza negli affari interni della controparte, lega le mani all'Italia nel prestare soccorso alla popolazione civile e nel contribuire alle azioni concertate a livello europeo ed internazionale per favorire l'avvio di un processo di transizione verso lo stato di diritto e la democrazia".