Cosa possono fare i fedeli di fronte all’ostinazione del Vaticano su Berlusconi?

Quanto sta accadendo in questi giorni intorno alla richiesta di processare Berlusconi per i suoi privati comportamenti o pubblici reati, ci chiede di guardare non solo al suo letto ma un po' più lontano, perché Berlusconi passa e la nostra società rimarrà. Non siamo moralisti, e in quanto accade vediamo il segno del degrado pubblico, più che di quello privato del vecchio magnate. Non certo per le notizie delle orge: del corpo delle donne si fa strage da decenni in tv, da cinque in parlamento e da secoli se ne fa ostaggio e ricatto nella nostra società. Anche per quanto riguarda il maschio in questione, non è nulla di nuovo rispetto a quanto si sapeva, e denunciato da anni dalla moglie stessa.

Il degrado di Berlusconi, nella nostra analisi politica, ci appare frutto di una impunità ereditata dai partiti della prima repubblica, e diffuso come un cancro nella nostra società tutta, e solo ingigantito dal proprio delirio di onnipotenza. Qual'è dunque il valore aggiunto di quanto è esploso in questi giorni? La differenza è nella richiesta di processo con rito immediato, che sembra rendere impossibile adottare l'implicito consiglio delle sagge tre scimmiette giapponesi ("non vedo, non sento, non parlo"). Del resto, questo è il paese dei vizi privati e pubbliche virtù; ed è solo il sorgere della società della comunicazione e dell'informazione, che sembra continuare ad impedire l'ostentazione delle pubbliche virtù.

C'è però qualcuno che dall'alto della sua superiore saggezza, "non vede, non sente, non parla", e come me pensa che "non ci sono novità sostanziali, per il momento le indagini dei magistrati milanesi non cambiano il quadro già conosciuto": è la Chiesa Cattolica, nella fattispecie il governo vaticano. Non è con ironia che ci riferiamo alla sua superiore saggezza: riconosciamo che essa sa di dover amministrare un potere millenario, e non può compromettere i propri interessi per un transitorio peccatore; anzi è Suo dovere guardare ai fatti per aumentare, per la gloria della Chiesa stessa, il proprio potere. Fu già questo il senso della definizione di Mussolini come "uomo della Provvidenza": qualcuno mandato per assecondare, anche se per vie traverse, un disegno più alto.

Più volte, nella sua storia millenaria, la Chiesa si è trovata a dover sacrificare un innocente per salvare l'interesse superiore: del resto è Gesù stesso il prototipo di questo sacrificio. Nel 1209, un esercito di Crociati invase la il sud della Francia e, nel corso dei successivi venti anni, massacrò sistematicamente oltre trentamila uomini, donne e bambini. Ai soldati del papa che lamentavano di non poter sapere se quello che stavano uccidendo fosse un eretico cataro o un cattolico, veniva semplicemente risposto dal vescovo: «Uccidili tutti, ci penserà Dio a riconoscerli».

Quanto meno costa, dunque, che non si condanni un peccatore, per l'interesse superiore! Non è quindi della Chiesa, che ci meravigliamo. Quello che ci meraviglia è che in un popolo di battezzati, ed allevati secondo quei principi morali che tutti conosciamo, e per di più in cui una metà di questo popolo nemmeno vota per Berlusconi; ebbene che fra questo popolo non ci sia nessuno che senta l'esigenza della affermazione di esempio morale come, qui ed ora, superiore ai futuri vantaggi della Chiesa.

Nessun francescano, nessun eretico, nessun cataro, nessun soldato che di fronte al proprio vescovo o al vescovo di Roma, con il proprio sguardo di testimonianza ne invochi la coerenza non millenaria ma quotidiana? Perché nessuno degli indignati sente il dovere, o la possibilità, per la propria coscienza, di farlo? Quanto uno, due, dieci scioperi della fame offerti alla Chiesa, perché si tenga lontana dal millenario rischio di simonia, potrebbero rimanere inascoltati?

Marco Giordani

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