In questi giorni sono apparse sulla stampa due notizie che sembrano avere molto in comune: problemi di avanzamento lavori per due grandi opere infrastrutturali, con conseguente ricaduta sui lavoratori. Si tratta del cantiere dello svincolo di Micigliano, per il quale è stato ordinato di fermare i lavori, e il Polo della Logistica di Passo Corese, per il quale un articolo di stampa ha lamentato rallentamenti nei lavori, causato "tra l'altro" dalle indagini archeologiche, per cui le aziende "non possono andare avanti".
Per il primo, il giornale della destra reatina, titola "Ordinanza della Sovrintendenza. Soddisfatta Italia Nostra". Al lettore o ascoltatore distratto, sballottato da nord a sud della provincia, si presenta l'immagine di una economia in ginocchio a causa dei soliti ambientalisti. Le cose non stanno però così, ed analizzando i due casi si vedrà che sono situazioni "opposte".
A Micigliano la Sovrintendenza (per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio) aveva ordinato la “sospensione dei lavori” e il “ripristino dello stato dei luoghi” già il 5 Maggio, ma nessuna sospensione era stata attuata; il perché è stato finalmente acclarato oggi, in cui è lo Stato, tramite la Prefettura di Roma, ad imporre all'ANAS di rescindere il contratto con la ditta appaltante perché a questa manca il certificato antimafia: e non è che se lo siano perso, o ci siano ritardi in qualche ufficio: è che gli era stato revocato quasi un anno fa (e già allora i lavori erano proseguiti senza che ci si ponesse il problema).
Quindi non è dallo scempio ambientale che deriva lo stop, ma è dalla "mancanza di non-mafiosità" che deriva lo scempio ambientale: il progetto dell'intervento è infatti della stessa ditta esecutrice. Il caso era stato oggetto ad Aprile di due interrogazioni, da parte del PD e da parte dei radicali; esse non hanno ancora avuto risposta, ma al terzo sollecito del 1° Dicembre da parte dei radicali, evidentemente non si è potuto chiudere gli occhi alle richieste che erano: per quali motivi fosse possibile che la Safab spa continuasse ad operare nei cantieri; se, come chiede la normativa anti corruzione, vi fosse comunicazione tra il ministero dell'interno e le prefetture; se non si intendesse immediatamente assumere iniziative per sospendere i lavori.
Ora, andrà anche capito come e con quali connivenze (regione, prefetture, sovrintendenze, comune, ministero?) si possa esser arrivati a questo punto. Dunque a Micigliano, c'erano da ben un anno le condizioni per bloccare e c'erano da 6 mesi anche le disposizioni di blocco dei lavori, ma questi proseguivano; a Passo Corese sembra invece che accada il viceversa: nessuno blocca, ma i lavori non proseguono.
Eppure, come conferma Ferroni nell'intervista a Sabina Magazine, le autorizzazioni ci sono tutte, ed il 55% dei 190 ettari sono già stati svincolati dalla Sovrintendenza, man mano che procedono le indagini archeologiche (partite forse tardi, ma non per volontà degli ambientalisti; anzi!). Vero che al momento, "esiste l’impossibilità di intervenire su alcuni lotti dell’area", ma perché non si procede intanto costruendo capannoni sui 100 ettari disponibili? A giugno di 2 anni fa, Ferroni diceva che "oltre il 70% dei lotti sono stati assegnati, di cui la maggior parte ad imprese di primario livello nazionale".
E se non è la "importante azienda di costruzioni che opera nella realizzazione e nel montaggio di strutture in cemento", che è oggi in difficoltà, a poterlo fare perché magari questo è compito di altre ditte, ci sarà pur sempre da impegnare forza lavoro; e così potrebbe anche accelerarsi la messa a servizio di oltre la metà dei capannoni, presumibilmente già tutti assegnati, su questi 100 ettari e la creazione dei tanti qualificati posti di lavoro annunciati.
Insomma, seppure a Micigliano è chiaro cosa sia successo, ed a Passo Corese non si capisce tuttora un granché, è comunque evidente come non sia l'ambientalismo il fattore bloccante di queste due storie, solo in superficie simili ma in profondità così diverse; o almeno speriamo che siano diverse fino in fondo, se nel 2008, il Silp – il sindacato di polizia della CGIL – segnalava come "appetibile" alla camorra proprio la zona di Passo Corese.