Ma Rocca sa come è fatto il Lazio?

Rocca dice che “l’83% degli interventi chirurgici per tumore viene fatto nella Capitale, solo il restante 17 % negli ospedali degli altri capoluoghi di provincia e questo è il segnale che migliaia di persone sono costrette a fare dei lunghi viaggi per trovare la cura appropriata.”

E’ sicuramente vero che “che migliaia di persone sono costrette a fare dei lunghi viaggi per trovare la cura appropriata”. Ma “QUESTO è il segnale”?

Rocca, da ex manager del Sant’Andrea sicuramente sa che è del tutto normale che per interventi chirurgici così vitali, si ricorra ai grandi ospedali specializzati, e che ci si vada anche da altre regioni. Dunque a me questa percentuale dell’83% casomai sembrerebbe incredibilmente bassa.

Ma quello che stupisce è che Rocca, da candidato Presidente di Regione, dovrebbe sapere che solo il 26% della popolazione risiede nelle altre quattro province del Lazio. Dunque non così lontana, con tutte le considerazioni di cui sopra, dal 17% che si opera a tumori nella propria provincia.

A me viene da pensare che Rocca (che di sanità dicono se ne intenda) non abbia allora piena coscienza del fatto che la regione che vuole andare a governare è per il 74% Roma e sua provincia.

Marco Giordani

dall’articolo di A.Bianco, Messaggero Rieti del 10/2/23

su Terminillo Rocca smentisce la destra reatina


C’è qualcosa che dovrebbe essere al centro del dibattito politico cittadino e sta invece passando inosservato; ci riferiamo al pensiero sul Terminillo del candidato della destra alla presidenza della Regione.

Normalmente i candidati presidente ripetono, andando per le province, quello che i locali gli suggeriscono.

Su Terminillo però, Rocca sembra avere un’idea non conforme alla narrazione che la destra ha fatto, negli anni, del progetto TSM; narrazione che continua oggi promettendo, per bocca del Sindaco di FDI, un “cambiare rotta in Regione e partire dopo 10 anni di stop della sinistra col TSM” (progetto TSM, sarà utile ricordarlo, che nasce nel 2009 da una giunta di sinistra, fortemente sponsorizzato dal PD locale e portato avanti e finanziato dalla Regione zingarettiana).

La prima “non conformità” è nel programma, dove Rocca mostra un singolare capovolgimento delle priorità di attenzione rispetto alla vulgata locale che dice che Terminillo non può sopravvivere solo con l’estivo ma ha necessità dell’invernale.
Rocca infatti scrive: “Va ricordato in particolare il territorio del Massiccio del Terminillo, che ha potenzialità di sviluppo importanti e necessita di un definitivo rilancio in declinazione non solo invernale ma anche estiva.”

Ma ancor più straordinaria è la affermazione, fatta in una gremita riunione di coalizione a Rieti con tanto di bandiere, che così riportava il Messaggero il 27 Gennaio:

«Rocca parla poi anche della situazione del Terminillo e dei milioni messi a disposizione dalla Regione Lazio “Quando le cose si fanno male – ha sottolineato – poi finiscono ovviamente nelle maglie del Tribunale amministrativo e della burocrazia. Il Terminillo è una risorsa turistica importante per questo territorio. Io credo questa terra sia stata penalizzata fin troppo. Farò tutto ciò che è in mio potere, ricorsi permettendo, per sbloccare l’opera della stazione montana”».

Ora, la tesi che il TSM abbia dovuto penare così tanto non per colpa degli ambientalisti ma perché, siccome “fatto male” sarebbe ovviamente finito nelle maglie eccetera, è la tesi degli ambientalisti, non delle destre locali; e il “ricorsi permettendo” smentisce le irridenti promesse liberatorie del Sindaco di Rieti.

In sostanza, quando il procedimento di questo progetto “fatto male” si sbloccherà, si sbloccherà indipendentemente da Rocca o da D’Amato.

Appuntamento dunque sì al 13 febbraio, come dice Sinibaldi con scarsissimo aplomb istituzionale, ma con quale alternativa per Terminillo?
Questa: per ogni ritardo – dovuto al “fatto male” -, se prevarrà d’Amato ripartirà il piagnucolio della destra, se prevalesse Rocca la destra reatina cercherà dei diversivi e dei capri espiatori, come stiamo anche vedendo dal governo.

Alluvione della piana? Ma appena dieci anni fa…

C’è in questi giorni un vistoso affannarsi di varie forze politiche ed amministratori nel cercare un responsabile (l’altro) della alluvione che (improvvisamente?) ci ha colti.

Come radicali riteniamo utile offrire perciò alla città la memoria persa di quanto avvenne 10 anni fa, il 2 Dicembre 2010, quando avvenne un alluvione ma soprattutto fu appena sfiorata una tragedia.

Allora presentammo due diverse interrogazioni: alla Camera dei Deputati si chiese di riconoscere lo stato di calamità e avviare l’intervento della protezione civile; si chiese per quali ragioni gli enti statali preposti non avessero predisposto tutti i mezzi necessari per evitare e/o contenere l’allagamento, già previsto e posto all’attenzione degli stessi; ed infine una richiesta di sollecitare il Registro italiano dighe (RID) ad una verifica costante dell’efficienza strutturale delle dighe.

Si chiedeva, ma il Ministro delle infrastrutture, il missino Altero Matteoli mai rispose. Così come la amministrazione Emili dell’epoca aveva ignorato gli allarmi che Aldo Gregori aveva lanciato sulla stampa già dal 27 Novembre.

Allora davvero si sfiorò, nonostante il rilascio di 40mc/s, la tracimazione della diga, che avrebbe significato riversare sulla città di Rieti tutta l’acqua del bacino imbrifero del Turano, compresa quella al di sopra dello sbarramento artificiale; poiché si raggiunsero portate invasate di 180mc/s è evidente il disastro in termini di persone, cose e ambiente, che avrebbe prima investito Rieti, quindi Terni e infine Roma.

Quindi fu presentata anche una interrogazione alla Regione (giunta Polverini, con Cicchetti consigliere e Gabriella Sentinelli assessore) per chiedere la revisione del disciplinare di gestione della diga. La giunta alla fine rispose dicendo che l’evento (un mese di pioggia ininterrotta) non era stato “estremo”, che la gestione era stata in regola (ma questo si sapeva, perciò si chiedeva di ridiscutere il disciplinare) e dando la responsabilità dell’alluvione non ai 40mq/s ma al “collasso dei fossi del reticolo idrografico secondario”.

Da allora, passati 10 anni ed amministrazioni nazionali, regionali e locali di destra e di sinistra, cosa è stato fatto o almeno si è cercato di fare, su disciplinare, fossi, dighe?

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La interrogazione parlamentare è disponibile a: https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/10139&ramo=CAMERA&leg=16

La risposta alla interrogazione regionale a:
https://sabinaradicale.it/wp-content/uploads/2021/01/38-RISPOSTA-NS-INTERROGAZIONE-N.-639-RISCHIO-ALLUVIONALE-NEL-REATINO.pdf